“Quindi sei qui per uccidermi”. Le parole scivolarono veloci come rasoi, più affilate delle forbici incollate al suolo. Il loro suono era privo di comprensione, paura, emozione. Vuote lettere in successione, constatazione pura e semplice d’una cruda realtà. Si piegò lentamente fissando l’uomo dalla carnagione lattea, raccolse gli arnesi da taglio per il manico continuando a guardarlo senza più parlare. Turbine era occhi negli occhi con l’umano. Serio e impassibile, aveva perso il sorriso. Kaydence non si decideva a posare le lame, tanto che l’ex messaggero ruppe il silenzio. “Sono caduto da altezze che nemmeno potresti comprendere, sopravvivendo. Ho abbandonato tutto ciò che ha contraddistinto la mia esistenza, perso il mio status di primo messaggero e probabilmente la possibilità di tornare nuovamente a NubikA. Lasciato reclute nel bel mezzo di un addestramento serrato, si può dire che abbia rinunciato alla mia vita per salvare la tua. Se ti volessi morto sarei rimasto su, non ti sembra? E comunque, seriamente pensi di affrontarmi con un paio di forbicine? Sono bellissime, davvero, e scommetto che le foglie tremano al sol guardarle ma… non sono l’omino di carta, Briggs. Lascia perdere il tuo risentimento per un attimo e ascolta le mie parole. Per recuperare il sigillo devo indurti alla morte, non ucciderti. Portarti tanto vicino alla linea di confine da annientare quasi totalmente la vita che ti anima, ma questa è l’unica via che ci resta per garantirti una possibilità di sopravvivenza. Nel mio regno c’è chi sacrifica parte della propria energia vitale, soffrendo oltre il limite del consentito, per guadagnarsi quelli che noi chiamiamo ‘cristalli di vento’. Lo facciamo per essere pronti a situazioni come questa, in modo da ampliare lo spettro delle possibilità a nostra disposizione. Esiste un cristallo blu, ha la capacità di duplicare il corpo di chi lo usa. Ottenerlo non è semplice ma è indispensabile che io lo abbia. Sono nel passato Kaydence, dovrei essere a dieci anni da oggi per aiutarti davvero. Nel futuro tu crollerai. Smetterai di ricordare tutto ciò che vivrai dal momento in cui il sigillo si perderà. Conserverai la memoria passata, questo momento sarà nella tua memoria, ma non so quali danni la tua mente dovrà sopportare. Ho una teoria: se recupero ora il sigillo, mentre siamo qui, saremo in vantaggio per quando ce ne sarà effettivamente bisogno. Kaydence, tra dieci anni potresti essere un vegetale. Lascia a me il compito di recuperare il cristallo, soffriremo le stesse pene. Se sono qui non è per ucciderti, se sono qui è perché tu possa ricordare il tuo futuro anche quando sarà passato”.
Kaydence tornò a sedersi. Annabeth, che aveva assistito a tutta la scena senza emettere fiato, scelse di esprimere il proprio pensiero. Si confrontò con l’uomo, analizzando l’assurdità di quella situazione. I tre chiacchierarono a lungo, cercando di figurare i pro e i contro, ogni diramazione venisse loro in mente. Annie sfornava domande in continuazione. Voleva sapere. Turbine l’aveva turbata profondamente. Ma lei era pratica, lo era sempre stata, così colse l’occasione per sondare ancora e ancora ogni sfumatura di quella teoria. Il messaggero non risparmiò alcun dettaglio. D’un tratto una domanda lo spiazzò, nonostante fosse piuttosto prevedibile: come hai perso il sigillo. “Ad essere sinceri” riferì il suddito di NubikA “nessuno di noi ha mai perso un sigillo da quando esistiamo. Il mio è semplicemente svanito. Continuo ad interrogarmi su questo, purtroppo non sono in grado di fornire una spiegazione logica. Sono profondamente dispiaciuto, Kaydence, ma voglio aiutarti a costo della mia vita”.
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Il percorso cangiante. Accesso alla Terra per ogni messaggero. Per collezionisti di ricordi ogni nuvola finiva per definirsi “percorso cangiante” ma quello autentico era posizionato a migliaia di metri sopra le teste di uomini e donne soliti a lamentarsi del tempo, chi per il troppo sole e chi per il cielo coperto. Il percorso garantiva accesso ai cancelli del regno. L’utilizzo era consentito a messaggeri e spire, ma queste ultime non si interessavano più di visitarlo da tanto tempo. Così capitava, a volte, che alcuni allenamenti rivolti alle nuove reclute fossero eseguiti direttamente sul “campo”. Ogni nubikiano aveva dimestichezza con aria e nuvole, ma chi aspirava al ruolo di messaggero era principalmente un atleta. Quella sera una di queste promesse era sdraiata su una bianca enorme, vaporosissima. Aveva già dato ampia prova delle sue doti da velocista, si era dimostrata la più rapida tra i nuovi arrivati. Preparata e attenta, lasciava l’energia scorrere dentro di sé incanalando i ricordi con naturalezza. L’umana a cui era collegata ora dormiva di un profondo sonno inquieto. Turbine l’aveva iniziata tre cicli prima, prendendosene cura come faceva con ognuno di loro. Era rimasto in coda al gruppo di quattro reclute, sfidandoli a compiere il percorso utilizzando solo le bianche più estese nel minor tempo. Tutti sbagliano la prima volta. Lei era diversa. Avvertiva il cambiamento climatico, scegliendo istintivamente la direzione migliore in cui procedere. Agile e impulsiva, dominava le correnti. Sapeva correre linearmente, come tutti, ma lo faceva su più livelli. Aveva stracciato i suoi compagni facilmente, sfidando direttamente il primo messaggero. Adorava vederlo correre. Ma non quella sera. Quella sera le doti da lei utilizzate erano di altra natura. Sdraiata al margine estremo di una bianca argentata di luce lunare, rifletteva. Per quanto provasse a collegare i pezzi, semplicemente non riusciva a comprendere cosa stesse accadendo. Riusciva a vedere l’incantevole splendore di una città notturna completamente illuminata, i suoi disegni intrecciarsi come pezzi di puzzle ed era ancora niente rispetto alle informazioni acquisite quel giorno. Da giorni attendeva impaziente l’arrivo del suo maestro, speranzosa di vederlo nuovamente lanciarsi tra gli sbuffi variopinti dell’etere. Ma ora che questo giorno andava a morire per dare vita a uno nuovo e candido, le domande s’accavallavano in continuo mutamento. Forse il ritardo del suo mentore era meglio rispetto a un confronto scomodo. Forse, non era tempo di correre.
Lei era il messaggero di Annabeth e il suo nome era Replica.